Non sono un grande ammiratore di Vittorio Feltri, principalmente per la sua tendenza al turpiloquio, singolare in una persona indubbiamente colta ed acuta nei suoi giudizi, ed ho acquistato questo suo libro solo perché anch’io sono un sostenitore dell’importanza dello studio del latino. Sono quindi rimasto sorpreso dall’amore di Feltri per questa lingua e per il fatto che ne riconosce, oltre la bellezza e la musicalità, anche l’attualità, che si esprime nell’uso, spesso non riconosciuto, che se ne fa anche nelle lingue contemporanee – e non solo in italiano. Feltri naturalmente, da buon giornalista ed osservatore della società e della politica contemporanea, condisce questo libro con ricordi, analisi e giudizi non sempre condivisibili ma spesso caustici e comunque puntuali e centrati. Per gli amanti della buona lettura, e della cultura umanistica, un libro da non perdere.

I am not a great admirer of Vittorio Feltri, mainly because he tends to use foul language, unusual in a person who is undoubtedly cultured and acute in his judgments, and I bought this book of his only because I, too, am a supporter of the importance of studying Latin. I was therefore surprised by Feltri’s evident love for this language and by the fact that he recognizes, beyond its beauty and musicality, also its topicality, which is expressed in the use, often unrecognized, that is made of it also in contemporary languages ​​- and not only in Italian. Feltri, of course, as a good journalist and observer of modern society and politics, spices this book with memories, analyses, and judgments that are not always shared but often caustic and, in any case, timely and focused. This book is not to be missed for lovers of good reading and of humanistic culture.

Everybody seems to fear Schoenberg. You name it in a meeting with presenters, for concerts, or for tours, you immediately see a concerned mimic and have the feeling of being considered an idiot only for having dared to suggest it. We should better listen, without prejudice, and we would understand that especially works like “Verklärte Nacht” or “Pelleas und Melisande” are written in the big romantic tradition of Wagner. I am happy to conduct this fantastic masterwork with the NHK Orchestra in Tokyo in December. I hope, no, I am sure of a big success with this score: its luxury and beauty will surely seduce our audience.

So glücklich wieder bei “meinen” Tonkünstlern in Wien zu sein, noch dazu mit einer meiner geliebten Bruckner Sinfonien. Ich habe so viel von diesem Orchester gelernt, in den Jahren meiner “echten” Ausbildung, vor allem mit Bruckner, ein Komponist der zum DNA aller Wiener Orchester gehört.

Finalmente un po’ di tempo per immergermi nella lettura di questo interessantissimo libro, nell’edizione italiana di Einaudi, con una bella ed esauriente parte dedicata alle immagini di cui si parla nei diversi capitoli. Mi sono avvicinato a questo libro solo dopo aver letto alcuni altri saggi di Svetlana Alpers, che mi hanno molto colpito anche per la semplicità del linguaggio con la quale vengono affrontati temi basilari dell’arte e della sua critica. Non essendo un grande ammiratore di Rembrandt, la visione della Alpers, basata non solo su conoscenze profonde ed interdisciplinari, ma anche su un evidente amore per questo pittore, mi ha avvicinato alla sua arte, ed alla sua personalità. Una personalità difficile, egocentrica, ma ugualmente rivoluzionaria. Inoltre, la problematica della bottega e del suo rapporto con il proprietario-artista ci fa riflettere sulla nostra visione, crociana e romantica, dell’opera d’arte. Un libro rivelatorio, che oggi è basilare per la comprensione dell’artista e delle sue opere, ed anche di quelle lungamente, ed erroneamente, attribuite a lui, ugualmente capolavori.

After a long concert with music by Mozart (two arias with the mezzo Maria Schellenberg, and everybody’s favorite Serenata KV 525) and Skrjabin (the almost unknown Second Symphony), four members of the Danish National Symphony Orchestra entertained a remarkable audience (I counted at least 120 people) with quartet music. Haydn, by the way, one of those marvels among the sixty-eight string quartets he wrote. Those four musicians (four ladies) had just elegantly shaped Mozart’s Serenata for 17 minutes and fought through a tiring, challenging, experimental Skrjabin for 44 more minutes (plus the two arias). Still, they wanted to offer a welcomed “encore” to people who, some with a glass of wine in their hand, others standing behind, already dressed to leave, visibly – and silently – enjoyed the performance.

I also stayed for a while, enjoying the music and thinking that being a musician is truly something special. Those of us who have the chance to make our profession what we have practiced our whole lives (it is the only job for which you start studying as a child) know that music is your best friend, a friend who gives you joy in happy moments and comfort in difficult ones. A friend who never betrays you. And with your best friend, you want to spend time together, even after a long, hard work day.

So, after and despite a long concert, the four ladies offered more music to the smaller audience and themselves for an additional moment of mutual joy and beauty, showing once again that musicians are unique and different.

Una raccolta di saggi di uno dei più importanti storici dell’arte di oggi (figlia del Premio Nobel Wassily Leontief). Dal primo di grande importanza sul Vasari, del 1960, che mette appunto in discussione l’equazione Arte – Storia, a più recenti che illuminano in profondità e con risultati inaspettati la stessa problematica. Un libro erudito, ma mai pedante, che si legge con facilità. Di Svetlana Alpers ricordiamo anche uno splendido volume su Rembrandt e la sua officina – che ha rivoluzionato il modo di pensare sulla relazione fra l’artista, la sua bottega, ed il mercato- e l’importantissimo “The Art of Describing”, incentrato sulla pitttura olandese.

A collection of essays by one of today’s most important art historians (daughter of Nobel Prize winner Wassily Leontief). From the first of great importance on Vasari, from 1960, which questions the equation Art – History, to more recent ones that illuminate the same problem in-depth and with unexpected results. It is an erudite book, but never pedantic, that is easy to read. By Svetlana Alpers, we also remember a splendid volume on Rembrandt and his workshop – which revolutionized the way of thinking about the relationship between the artist, his “Bottega,” and the market- and the very important “The Art of Describing,” focused on Dutch painting.

A recent article in The New York Times Magazine brings again to the surface somebody whom we have missed in the last years, partly due to his choice to focus on different things (meditation) and, as we hear, partly because of health issues: David Lynch.

I have always admired David Lynch for his non-mainstream activity as a director and, more generally, as an artist. A specific voice (literally—as explained in the Times article—and metaphorically) in the very diverse panorama of movie directors, his way of understanding cinema, as a medium and as a world of fantasy, has often been imitated but never surpassed, even by today’s cinematic standards.

My very personal list of his masterwork, in order of importance:

• Twin Peaks (the TV series)
• Mulholland Drive
• Blue Velvet
• Dune (even if he repudiated it, is a great movie and very close to Frank Herbert’s novel)
• The Elephant Man

Ho scritto in un precedente post (a proposito della sinfonia “Jupiter” di Mozart) che durante lo studio mi è sembrato difficile, alla famosa domanda di chi portare sull’isola deserta – Bach o Mozart – decidere, ma che propendevo per Mozart. Ebbene, ieri il bravo Alessandro Taverna, dopo un Concerto di Schumann eseguito con intelligenza ed eleganza, ha ringraziato il pubblico con un “encore” un tempo popolare, oggi un poco desueto, la trascrizione di Egon Petri dell’Aria “Schafe können sicher weiden” dalla Jagd-Kantate di Bach.

Persino nella tutto sommato detestabile trascrizione di Petri (proposta del resto con gusto e delicatezza da Alessandro) la musica di Bach arriva come una freccia al cuore.  Nonostante l’implacabile logica contrappuntistica, che ci procura un sublime piacere intellettuale, sincerità, schiettezza, verità, emergono come per magia da queste semplici ma perfette linee musicali, che ci procurano una consolazione, un rifugio, un conforto dal quale ci sentiamo come abbracciati.

In questo momento, dunque, la risposta all’annosa domanda, nonostante l’amore e la venerazione per il genio di Salisburgo, non può essere che una: Bach, perché può darci tutto senza dovercelo spiegare.

I wrote in a previous post (about Mozart’s “Jupiter” symphony) that during the study, it was difficult to answer the famous question of who to take to the desert island – Bach or Mozart – but I was leaning towards Mozart. Well, yesterday, the excellent Alessandro Taverna, after a Schumann Concerto performed with intelligence and elegance, thanked the audience with a once-famous “encore,” now a little obsolete: Egon Petri’s transcription of the aria “Schafe können sicher weiden” from Bach’s Jagd-Kantate.

Nulla per un direttore d’orchestra è più difficile di una delle ultime sinfonie di Mozart, delle quali la “Jupiter” è sicuramente la più raffinata e complessa (basti pensare all’incredibile Fugato a cinque voci dell’ultimo movimento). Nel momento dello studio l’annosa questione di cosa portare sull’isola deserta – Bach o Mozart – pende fortemente a favore di Mozart, anche considerando il fatto che lui, a differenza di Bach, ha composto opere liriche straordinarie, nelle quali, come in tutti i grandi capolavori dell’arte, il mondo, in tutti i suoi aspetti, si rispecchia. Ma su questo torneremo sicuramente più tardi. Ma mi è difficile esprimere a parole la gioia, l’entusiasmo, il piacere che provo nel ristudiare – per l’ennesima volta – questo formidabile capolavoro, scoprendone ogni volta nuovi e sorprendenti aspetti.

Con la Dallas Symphony Orchestra il prossimo Dicembre

Nothing is more difficult for a conductor than one of Mozart’s last symphonies, of which “Jupiter” is certainly the most refined and complex (think of the incredible five-voice Fugato of the last movement). When it comes to studying, the age-old question of what to bring to the desert island – Bach or Mozart – weighs heavily in favor of Mozart, also because he, unlike Bach, composed extraordinary operas, in which, as in all great masterpieces of art, the world, in all its aspects, is reflected. We will undoubtedly return to this later. But it is difficult for me to express in words the joy, the enthusiasm, the pleasure I feel in studying again – for the umpteenth time – this formidable masterpiece, discovering new and surprising aspects each time.

With the Dallas Symphony Orchestra next December.

Passeggiando nella bellissima libreria “Tsutaya Books” nella nuova Ginza Six a Tokyo, e naturalmente non resistendo alla tentazione di comprare alcuni libri legati al Giappone (vedi la prossima fotografia)

mi cade l’occhio su questo libro.

Sono alcune ricette dalla cucina dell’Hotel Splendido di Portofino (che non si può definire un Hotel alla portata di tutti). Da Genovese sento un poco di orgoglio per un libro sulla Liguria nel centro della Ginza di Tokyo, anche se parla quasi solo di cucina. Le ricette non sono male, ma a chi volesse un buon libro sulla cucina genovese, consiglierei senz’altro questo:

Walking through the beautiful bookstore Tsutaya Books in the new Ginza Six in Tokyo, and, of course, not resisting the temptation to buy some books related to Japan (see the second photo), my eye fell on this book (third photo). They are some recipes from the kitchen of the Hotel Splendido in Portofino (which cannot be defined as a hotel within everyone’s reach). As a Genoese, I feel a little proud of a book about Liguria in the center of Tokyo’s Ginza, even if it mainly talks about cooking. The recipes are not bad, but for those who want a good book on Genoese cuisine, I would recommend this one (last photo).